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Se Giuseppe Jappelli fosse vissuto nel nostro tempo sarebbe stato considerato un archistar. Moderno, audace, precorritore dei tempi - e per questo poco capito da quasi tutti i suoi contemporanei - Jappelli  fa di un elegante eclettismo la sua cifra stilistica, insistendo nel contrasto tra neoclassicismo e neogotico, ma senza dimenticare altri stili in apparenza lontani dalla nostra civiltà ma insiti nel nostro DNA culturale: se lo stile egizio può considerarsi celebrativo di Giovan Battista Belzoni, il revival romano rimanda all'epoca che vide Padova diventare "municipium" a partire dal 49 a. C.

A quest'architetto viene istintivamente associato il famoso Caffè Pedrocchi, è bene anche ricordare la sua feconda produzione che non si limita solo ad architetture il cui impatto a livello urbano è ancora fortemente connotante - basterebbe citare il macello neoclassico costruito a ridosso del canale Piovego - oggi liceo artistico Pietro Selvatico - ma coinvolge anche i giardini di cui Giuseppe Jappelli fu tra i più importanti interpreti del gusto neoromantico. La fama in quest'ambito gli valse il soprannome di "Beppo dei zardini". Furono tanti i nobili e borghesi che gli commissionarono parchi che celassero al contempo percorsi iniziatici massonici più o meno evidenti. C'è infine una Padova jappelliana che può essere solo narrata e non mostrata, il sogno di un'utopia infranta, che merita però di essere ricordato e che come un puzzle disordinato prende corpo attraverso tutti i progetti pubblici mai realizzati dall'architetto tra cui spiccano la Loggia Amulea, il Campus universitario e la scuola natatoria...tutti prospicienti Prato della Valle.

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